Lettera a Peppino

Lettera a Peppino

Caro Peppino,
ti ricordi di quel giorno?  Com’è iniziata la tua giornata? Cosa hai pensato non appena hai aperto gli occhi? Davvero credevi che quello sarebbe stato un giorno come tutti gli altri?
Tirava una brutta aria. Le Brigate Rosse tenevano prigioniero da 55 giorni Aldo Moro. Chissà poi per quale coincidenza o scherzo del destino tu e lui avete dovuto subire una fine così atroce lo stesso giorno. Peppino ma tu ci credi nelle coincidenze. E nel destino?

Lo ammetto: sai, io ho saputo di te solo quando qualcuno ha deciso di fare della tua storia un film. E come me tante altre persone. Anche perché il corpo di Aldo Moro in via Caetani ha completamente oscurato il piccolo siciliano fastidioso ammazzato dalla mafia. Si, forse è un po’ triste che molta gente ti abbia conosciuto andando al cinema o comprando un DVD vent’anni dopo la tua morte.

Ma pensaci, se questo è un modo per far sapere a più persone possibile quello che sei riuscito a fare, che ben venga. Perché sei riuscito a fare tanto Peppino. È vero, adesso non sei più qui con noi e non puoi raccontarcelo ma pochi sono quello che sarebbero stati in grado di fare quello che hai fatto tu, sfidare il mondo con la meravigliosa illusione di poter riuscire a cambiarlo.

“Poteva come tanti scegliere e partire, invece lui decise di restare…”

Molti associano il tuo nome alla mafia. Perché è contro quella che hai sempre combattuto ed è a causa di questa che sei morto. Invece io no. Io il tuo nome lo associo al coraggio.
Cento passi separavano casa tua da quello di Zio Tano. Tutti lo temevano. Tutti lo rispettavano in paese. Tutti si facevano i fatti loro. Tutti sapevano, nessuno parlava. La Sicilia tanto bella quanto meschina, cieca e sorda a volte.

Ma a te non importava di essere l’unico. L’unico che non temeva, l’unico che il rispetto se lo deve guadagnare anche uno di settant’anni. L’unico che non si faceva i fatti suoi. L’unico che ha parlato, l’unico che nonostante tuo padre e la tua famiglia, l’ha urlato che la mafia è una montagna di merda. L’unico che il tuo coraggio era talmente molesto che per toglierti di mezzo ti hanno fatto saltare in aria.

Peppino, tu potevi scegliere. Anche tu come tutti nel bel mezzo della tua vita ti sei ritrovato ad un bivio. Far contento tuo padre che era uno dei mafiosi o andargli contro? Stare zitto o parlare? Omertà o coraggio? Restare a Cinisi o partire?

Hai fatto le tue scelte Peppino. Ognuna delle quali, forse non te ne sei reso conto quando eri ancora qui, ha cambiato in parte il volto della nostra isola. E’ vero, la Sicilia è ancora mafia. Ma la Sicilia sei anche tu, Falcone, Borsellino e chiunque in qualche modo ha dato la vita per combattere questo male.

Se non ci fossero state persone come voi oggi io non sarei qui a sperare che le cose possono cambiare. È vero, alla fine voi ci avete rimesso la vita. Certo, se avessi scelto differentemente adesso forse vivresti una vita tranquilla, o comunque normale. Ma era davvero quella la tua strada? Il vostro sacrificio è servito ad aprire gli occhi alle persone, a far prendere loro coscienza che le cose non cambiano da sole se non siamo noi i primi a muoverci. Nonostante la paura, nonostante tutto.

La mafia esiste Peppino. Sono trascorsi trentatré anni da quel 9 maggio e lei c’è ancora. Non è scomparsa. Ma non sei morto inutilmente, credimi. Ragazzi e ragazze hanno un modello positivo in più da cui prendere esempio, hanno un uomo in più da ammirare e di questi tempi, triste dirlo, ne abbiamo bisogno più che mai.

Avrei voluto scriverti queste righe sperando di ricevere un giorno una tua risposta, ma non puoi farlo. Però so che in qualche modo le mie parole ti arriveranno perché la mia Sicilia è la tua. Non quella di Zio Tano. E tu non sei un volto di un attore in un film, tu ci sei stato davvero.

Caro Peppino, io non sono sicura di poterti dire che la Sicilia e l’Italia in cui oggi noi viviamo ha fatto cento o più passi avanti. Anzi, forse ne sono stati fatti mille indietro. Ma una cosa è certa: tu vivi ancora e le tue idee camminano sulle nostre gambe, ora e sempre.

Comparso a maggio del 2011 sul mensile Operaincerta.

Immagine tratta dal fumetto “Peppino Impastato, un giullare contro la mafia” di M.Rizzo e L.Bonaccorso

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